Rock energico, abrasivo e melodico allo stesso tempo, un rock in grado di lasciare il segno in chi lo ascolta. Se qualcuno non l’ha ancora scoperto è perché probabilmente non ha ascoltato “Catartica”, il primo album dei Marlene Kuntz che quest’anno ne celebrano il 30esimo anniversario. Un album tuttora epocale, che ha segnato un’epoca, che segna un’epoca, che segna la quotidianità degli amanti del rock ormai da 30 anni. Pietra miliare nella storia della musica italiana ma anche in quella dei Marlene, che hanno cominciato proprio con “Catartica”, una trentennale storia fatta di 11 album in studio, 4 dal vivo, 8 raccolte, due colonne sonore, un disco d’oro, un film documentario, innumerevoli tour fino a Karma Clima, l’ultimo lavoro discografico uscito nel 2022.
1994-2024 trent’anni di Catartica
Non solo la ristampa del disco che arriverà venerdì 8 marzo, con un cd e un doppio Lp con libretto con foto inedite e un box in edizione limitata e numerata. Non solo un tour che inizierà il prossimo 12 marzo, che si annuncia sold out. I Marlene Kuntz (qui la bio) celebrano i primi 30 anni di Catartica con un regalo ai propri fan: contenuti inediti, dal 29 febbraio scorso “Fine della danza” è in digitale, il bootleg demosonici, il video già online di “Nuotando nell’aria”, con immagini e video di repertorio. In più dal 6 marzo anche il video di “Lieve”.
Quindi arriverà il tour martedì 12 marzo, la data zero a Livorno e poi, fino a fine aprile, Milano, Roma, Padova, Firenze altre città fino a Senigallia, il 27 aprile (qui tutte le date).
«Siamo carichi – commenta Cristiano Godano – vogliosi, motivati per questo tour. Tutti i sold out ci stanno motivando, ed è per noi motivo di eccitazione. Abbiamo studiato, a breve inizieremo le prove, vi regaleremo un concerto potente, che sarà anche ottimo, vista la risposta del pubblico». Risposta eccellente, già prima dell’inizio del tour, per il quale Godano dice espressamente che «non ci aspettiamo di vedere i 20enni, mi aspetto di vedere chi è cresciuto con noi, i 50enni di oggi, magari alcuni anche con i loro figli. Quando è uscito il disco, 30 anni fa, ne siamo stati felici, si concretizzava un sogno. Non so dire se e quando c’è stato un momento in cui ci siamo resi conto di quello che era Catartica, probabilmente non c’è stato mai, è andato avanti così, nel corso degli anni, fino a oggi». Perchè celebrare i 30 anni? «Ce lo siamo chiesti – dicono – noi non facciamo mai cose scontate ci abbiamo pensato prima di celebrarli, abbiamo riflettuto se per caso non fosse stato ridondante».
Il segno indelebile di Catartica
Probabilmente non lo è, per il tratto indelebile che ha lasciato nella musica italiana, perché c’era la produzione di Lega e Maroccolo (CCCP e CSI) per una pubblicazione della neonata etichetta indipendente di allora, “Consorzio produttori indipendenti”; perché il disco arrivò per soddisfare la sete e la fame di musica diversa che avevano gli appassionati dei primi anni ‘90. Un contesto fatto, e chi è cresciuto in quegli anni di sicuro li conosce tutti, di tanti americani e inglesi, di gruppi grunge e hardcore come Nirvana e Pearl Jam.
«Il grunge – dice Riccardo Tesio – ha contribuito ad alzare l’attenzione per le etichette indipendenti, c’era un mondo sommerso di artisti emergenti, poi emersi. La gente andava nei club, andava ad ascoltare, era curiosa di scoprire che cosa facevano. Ecco noi siamo stati lì, abbiamo dato il nostro contributo alla musica cantando in italiano». Un segno indelebile, perché se oggi si provasse a fare una cosa del genere, forse, non ci si riuscirebbe. «Certo gli strumenti ci sono – dicono i Marlene Kuntz – ma manca quella rabbia e voglia di arrivare fuori che avevamo noi». Quella rabbia che chiamano “positiva” e che li fa andare avanti con tanta voglia di fare.
La musica oggi
«La musica remunerata – dicono – è del mainstream, ovvero quella che fa fare milioni di stream. E chi è che fa milioni di stream? Forse il 5%. E il restante 95%? c’è chi fa musica gratis». Altri gruppi sono passati dall’inglese all’italiano, Afterhours su tutti, ormai sono «poche le band, ci sono più singoli. L’onda degli anni ‘90 forse vive ancora nei Negramaro». Parlando di rock e di band, è inevitabile finire per parlare anche di Maneskin, e Godano dice che non sa «spiegarne il fenomeno, ma avendoli sentiti posso dire che spaccano, sanno suonare». E dopo 30 anni uno degli aneddoti che ricorda Godano è: «Dopo aver suonato a Roma, dopo un concerto, davanti a 10mila persone, per la fretta di lasciare il palco, ho lasciato lì la pedaliera. Sono tornato a prendere gli strumenti ed era sparita».
In copertina: Marlene Kuntz, credit photo maurizio greco via ufficio stampa
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